domenica 9 agosto 2009

Quando si dice il primato culturale

Per capire quanto il pensiero di Antonio Gramsci abbia allignato esiste oggi una prova irrefutabile: l’osservazione della pubblicità di Socrem, “associazione che si batte per il rispetto delle tue volontà", massime le ultime. Nella pratica quotidiana una società per la cremazione che tappezza di cartelloni il quartiere dove abito. Persuasa che il mondo sia pungolato dalla necessità di ricavare il maggiore spazio possibile dal minore degli spazi, e non meno certa di un greco antico sulla forza della Necessità, Socrem vuole “Più spazio per loro”, dove per "loro" s'intendono i bambini rappresentati sullo sfondo del cartellone da una siluetta di carta dai lineamente puerilmente antropomorfi. Dapprima, leggendo lo slogan (il motto!) si può pensare che Socrem abbia a cuore l’apertura di parchi giochi nelle periferie, o la definitiva espulsione degli adulti dai bar a vantaggio dei minorenni o qualcosa del genere. Quando però al subliminale si unisce il manifesto, è chiaro invece che Seprom mira a far soldi soppiantantando mediante discredito i già tartassati becchini, rei di ingombrare con le loro salme inutili il suolo destinato al divertimento e alla spensieratezza dei tuoi figli!

Perfino alla Socrem, dunque, hanno capito che non importa ciò che farà la gente tra cinquant’anni, se voterà o meno Partito Popolare o se continuerà a seppellire i propri defunti accumulandoli nei cimiteri. Conta ciò che penserà. E una volta che la cremazione avrà agganciato il treno del progresso sostenibile insieme all’energia solare, a quella eolica, all'entrata della Turchia nell'Unione Europea e alla raccolta della merda dei cani, sarà inevitabile che tutti pensino che tumulare i morti è fuori luogo. Nessuno lo proibirà, neanche tra cinquant’anni, ma le famiglie che rispetteranno la tradizione di onorare i morti ancor prima dei nascituri, si sentiranno ripetere “sono un integrlista tollerante, ma per favore abbia la cortesia di non farlo proprio sotto i miei occhi!”.

giovedì 6 agosto 2009

Sono stanco, molto stanco

Sono stanco, molto stanco
di essere quello che le tue larghe braccia aperte
ricoprono, come gli ospiti gioviali, senza darsi vanto
e poi si richiudono che in me nulla c'è d'inerte.

Voglio che il gemito che ti dà ebbrezza
dalle mie labbra non sfugga ancora
ché i tumulti del petto custodiscono con troppa tenerezza
perchè di tafferugli così imbarazzanti io sia dimora.