venerdì 15 ottobre 2010

Esclusioni

I fiori della portulaca possono essere di tutti i colori, tranne il blu.

sabato 22 maggio 2010

De temporis penuria

La mancanza di tempo è
son circostanze palesi
come filo che sfugge a Lachesi
mancanza di sé

in arsa pianura marziale
muoversi sasso non dovrebbe
né ombra spostarsi potrebbe
per lo scarto ingnorar tra tutto e parziale

il tempo asperge qualsiasi cosa
di subita marcia brina
e risalta ovunque la rovina
come il color che l'oggetto sposa

se più non scrivo in luogo splenetico
come facevo nei giorni persi
è per trarre il fluido venefico
a più vasti lidi diversi

lunedì 29 marzo 2010


domenica 14 febbraio 2010

Like the mystics and statistics say



Canta Warren Zevon in Desesperados Under the Eaves:

Ero seduto nell'Hollywood Hawaiian Hotel
Guardando la mia tazzà di caffè vuota
Pensando che la gitana non aveva mentito
Tutti i margarita con sale di Los Angeles
Io me li berrò
E se la California scivola nell'Oceano
Come assicurano i mistici e le statistiche
Io predico che questo motel rimarrà in piedi
Fino a quando non avrò pagato il conto

Il finale che arriva all'improvviso, come un salto dal muricciolo dove il poeta era salito per declamare i suoi versi, mi ha fatto pensare alla chiusa di una poesia di Anna Achmatova:

Del suono purissimo
L'alto potere
Quasi che il distacco
Proficuo sia stato fino in fondo.
Ben noti edifici
guardano dalla morte -
E sarà l'addio
Di tutto ciò che un tempo
Mi successe...
Per una nuova perdita
Vado a casa

A tutta prima sembra un verso tirato via, come per scrollarsi di dosso l'ispirazione (di che cosa non ci si stanca?). Però, ripensandoci, si capisce così bene, grazie a quell'ultimo verso, tutto il componimento! Vado a casa. Ci si immagina la poetessa passeggiare nel boschetto davanti al portone, e comporre tra sè e sè Del suono purissimo...

domenica 31 gennaio 2010

Las inmensas preguntas

Siccome quando si è intervistati da un giornalista straniero si parla sempre un po' più frivolamente, e quindi spesso in modo più lucido, riporto alcuni passi dell'intervista di Claudio Magris al supplemento settimanale ABCD del quotidiano spagnolo ABC, che in Italia, oltre a essere irreperibile, è anche incomprensibile.

D: In una recente intervista, lei sosteneva che esistono punti di contatto tra la sua letteratura e quella di Italo Svevo. Quali sono, a suo giudizio, le analogie tra lei e l'atore de La coscienza di Zeno?

R: Non è una domanda facile. Italo Svevo è così grande e profondo che dovremmo parlare della sua opera per ore. Svevo riuscì a nascondere così bene quella profondità che non ci sono ancora abbastanza lettori capaci di avvertire quella grandezza. Quando Molly Bloom commette degli errori nei suoi eloqui che fanno sorridere, deformando le parole e dandole un significato sessuale, forse è difficile interpretare la parola isolata, ma Molly dice quel che ci aspettiamo che dica, visto che sappiamo che è una persona incolta e che pensa quasi solo al sesso. Quando Svevo parla delle sigarette, possiamo credere in un primo momento che parli davvero delle sigarette, ma si sta riferendo all'insondabile profondità della vita e dell'inconscio. Quel che mi affascina in lui è quella percezione dell'abisso. Nella sua opera c'è questa formidabile intuizione: mentre in passato l'uomo correva il rischio di non essere felice, per l'uomo moderno il problema si è aggravato. Adesso corre il rischio di non esssere capace di desiderare la felicità. Ovvero, non si tratta più di non essere amato, ma di qualcosa di più tragico: non essere capaci di amare. In questo modo si spiega una certa strategia seguita da Svevo nei suoi romanzi: quella di non raggiunere Ada, la donna amata, per non essere riamato da lei, perchè sarebbe terribile non essere all'altezza di quell'amore.

A questo punto, Carlos Aguilera incappa in uno dei frequenti sprechi compiuti dagli intervistatori, e lascia cadere l'interessante risposta di Magris per passare alla seguente domanda annotata sul tacquino:
Due dei concetti da lei più freqeuentemente utlizzati sono... etc...
Ma saltiamo quattro colonne e andiamo alla parte in cui Magris parla della sua amicizia con Bashevis Singer.

D: Trieste e il giudaismo sono stati due costanti dei suoi libri. Dovremmo aggiungervi la figura di Bashevis Singer, uno degli scrittori più importanti del XX secolo. La sua letteratura ha avuto una qualche influenza su di lei?

R: Senza Singer non avrei scritto Lontano da dove, che non è tanto un libro su Joseph Roth quanto su Singer. Ma in quel momento non ebbi il coraggio, o meglio, ebbi la sensazione di non avere le sufficienti conoscenze per capire direttamente Singer. Per questo scelsi Jospeh Roth, perchè anche lui è uno sradicato che parla di questo mondo come chi ne resta fuori. E' vero, ci sono molte cose che mi legano a Singer. Le ho raccontato di quando gli inviai la mia prima lettera? Io ero al mare, a Trieste, e gli scrissi pieno di entusiasmo a New York. Lo feci tramite il suo editore, Farrar Strauss, che sarebbe poi diventato anche il mio. Avevo letto alcuni racconti di Singer, in particolare quella meravigliosa parabola El no visto*, uno dei testi più belli sulla fedeltà e l'infedeltà, sulla passione e la legge, il matrimonio e l'amore, la vita e la morte. Ovviamente gli scrissi in tedesco. Singer mi rispose subito. Una lettera molto gentile, diretta, cordiale, dove alla fine mi diceva: "Cari saluti alla sua famiglia e ai suoi amici". E' stata l'unica volta che qualcuno ha pesanto anche ai miei amici, ed ebbe molta importanza per me. L'amicizia fa parte della vita. La morte di un amico non è meno importante della morte di un cugino o di un fratello. Da allora in poi, dopo quella lettera, ci siamo mantenuti in contatto epistolare. Con Marisa, mia moglie, siamo andati a far visita a lui e ad Alma a Wengen. E con quella intimità che si avverte quando si è con una persona che si si tiene in grande stima, quella libertà di dirgli tutto, persino osservazioni critiche, gli domandai: "Perchè scrive romanzi così noiosi, quando potrebbe creare opere maestre?". Lui non interpretò la mia domanda come una critica né tantomeno se la prese a male. Mi rispose: "Scrivo ciò che mi procura piacere in un determinato momento". Con quella risposta si mise al disopra di me. Gli dissi: "Forse io sono più intelligente di lei, ma lei è un genio". Gli parlai di molte cose. Per esempio, avevo una cugina il cui figlio era progressivamente torturato e "assassinato" da un cancro, e lo raccontai a Salinger (errata corrige sconsigliata). E lui, perforando le foglie a terra col bastone, mi rispose "Lo sa? La letteratura serve davvero a poco". All'improvviso, con un tono che non era né curioso né confessionale, un tono che non dimenticherò mai, mi domandò: "Lei crede in Dio?". Dopo continuammo a parlare dell'amore, del sesso, di cosa significa quando il corpo vacilla... Era una persona straordinaria.

Si è così compiuto il viaggio di ritorno delle parole di Magris alla lingua italiana.
Chi intraprende un viaggio non può sperare di tornare senza esser cambiato.

* Se qualcuno conosce il titolo originale o in italiano per favore lo dica.