domenica 29 marzo 2009

La setta

Vengo invitato alla massima puntualità dalla segretaria che dà appuntamenti per telefono.

- Abbiamo detto martedì alle 15:15 - ribadisco dopo la sua descrizione dei posti vacanti nell'azienda dove lavora.
- No - precisa lei - alle 15:10.

Ne deduco che i candidati si succederanno al ritmo di uno ogni cinque minuti e mi presento alle 15:09 pronto a sintetizzare al massimo.
Fino alle 15:30 nessuno mi rivolge la parola, forse per darmi il tempo di sfogliare la deliziosa rivista aziendale, dove campeggia la scritta "Storia del successo di un uomo". Si racconta del mitico anno in cui il predestinato giovanotto dalla gavetta miracolosa era riuscito a vendere non so quanti abbonamenti e a conquistare la presidenza dell'azienda. Svetta un'immagine di lui, l'aria compressa in pancia, con accanto una bionda.
Si fa avanti una signorina, a cui mi presento, che mi precede nell'ufficio in fondo al corridoio.

- Tu cercavi un lavoro part-time o full-time?

Darsi del lei non va proprio più di moda.

- Part-time.
- Part-time ho solo dei posti nel call-center, non so se ti può interessare.
- Se devo dare informazioni e non vendere niente se ne può parlare.

Lei allora fa una pausa enfatica, scosta il curriculum che tiene in mano con la sola rotazione del polso, mi guarda e dice:

- Beh sai, tutti nella vita vendiamo qualcosa.
- Come sarebbe?
- Sì, anche quando non vendiamo un prodotto, dobbiamo saper vendere noi stessi.
- Non lo so.
- Se non sei in grado di fare questo - insiste - non sei in grado di fare questo lavoro.

Chiedo del full-time.
Per niente sorpresa cala una frase da iscrizione su pietra.

- Il full-time richiede una disponibilità totale.

Al che mi faccio serpente tra le rocce e dico:

- Sì, al telefono mi hanno detto che ci sono diversi posti vacanti.
- Guarda, chi lavora per me full-time deve darmi una disponibilità completa, sennò non regge né psichicamente né fisicamente.

Le sue guardate al mio curriculum si fanno più torbide e temo che quella sottile risma di fogli trasudi il più fetido degli umanesimi.

- E poi con questi studi che hai fatto - aggiunge gettando lo sguardo fuori dalla finestra - vorrai fare qualcosa di importante!
- Mah via, neanche avessi un master a Ginevra!

Avrei solo bisogno di un po' di soldi, e guardo anch'io i capannoni e il cielo bigio.

- Senti, facciamo una cosa.
- Cosa?
- Io ti restituisco il curriculum.
- L'ho stampato apposta per il colloquio, puoi tenerlo.
- No no, te lo restituisco, così stai più tranquillo.

Mi chiedo cosa avrebbe fatto del mio curriculum se non me lo avesse restituito.
La voce di quella donna contiene un'orribile misericordia, quella di chi concede una grazia tra mille condanne.

- E la tua scheda la cestiniamo.

Era l'ultima prova del mio passaggio per quel posto. Devo andarmene ma voglio conoscere la fine di quei disgraziati a cui la stessa voce ha detto cose diverse.

- Un'ultima domanda: di che lavoro si tratta?
- Guarda, non è che non te lo voglia dire - E le sue parole mi parano davanti una benevolenza posticcia - Ma chi lavora per me deve darmi una disponibilità completa.
- Capisco, una cosa così impegnativa forse non fa per me.

Sto per uscire a passo accelerato quando mi accorgo di un ragazzo seduto a gambe divaricate, le mani sulla grossa fibbia dorata che serra la cintura, ha l'aria di aver ingoiato un rospo.

venerdì 27 marzo 2009

Siccome oggi sono pervaso da un fervore imprudente e non avevo ancora festeggiato il solstizio di primavera, celebro entrambi con questi due quadri di David Hockney.

The winter scene is complete ...


... as is the spring scene (che in realtà è una scena d'estate)

Se si inverte l'ordine dei due quadri, l'effetto è molto diverso, e si capisce meglio il commento del pittore, che dipinse prima il secondo e poi il primo: The landscape I remembered was gone completely, and what remained looked like a scene from the first world war (Il paesaggio che ricordavo era scomparso, e quel che rimaneva somigliava a una scena della prima guerra mondiale).

Ascesa

Còmpiti disegno divino!


E che io possa vivere finalmente senza le fila gigantesche che mi impacciano!

mercoledì 25 marzo 2009

Alpha Centauri

- Riesci ad accedere a youtube? - domanda il corrispondente da Pechino al corispondente da Shanghai.
- Ho provato ancora due minuti fa, è bloccato - risponde il corrispondente da Shangai.
- Allora il governo ha oscurato youtube.

So che la genesi della notizia è stata più o meno questa, ma mi convinco ugualmente che la Cina ha oscurato youtube, e leggo divertito il commento del portavoce del loro Ministro degli Esteri: "Molte persone hanno la falsa impressione che il governo cinese tema Internet. In realtà, è tutto l'opposto".

Qualsiasi merciaiolo dell'antica Nanchino bofonchierebbe: Qǐ yǒu cǐ lǐ !

Baidu non basta per accorgersi del favore fatto dalla kosmische musik tedesca alla muta arte del cinema italiano degli anni '10, e viceversa.



I Tangerine dream, massimi esponenti della succitata kosmische musik tedesca, con le coriste ma senza la Montagna della Speranza, Papa, de Liguoro, Emilise, le anime che scorrono sulla lastra del negativo e, soprattutto, senza Lucifero.




Beatrice, Minosse, Francesca e Paolo, Pluto, gli avari, il lurido fiume dei lussuriosi, gli ipocriti, Bruto, Cassio e Dante l'avventuriero si muovono accompagnati dai Tengerine dream.

Il film L'inferno, ispirato alla Divina Commedia e alle illustrazioni di Gustavo Doré, mi è stato regaloto da uno di questi scacchisti, e costò in tutto ottomila lire. Quando i Tangerine dream vi aggiunsero la loro colonna sonora, coi soldi della produzione non si comprava più neanche il biglietto per lo spettacolo delle 18:30.

lunedì 23 marzo 2009

Immobili mobili

Quando Leonardo da Vinci disse "l'uomo volerà", non pensava che un giorno l'uomo, non per merito suo, ma per merito di un altro, abitasse in dei nidi.

lunedì 16 marzo 2009

Regreso

Sono tornato dal mare. Non ho attraversato l'oceano, e dunque non ho potuto scrivere nessuna Sinfonia del Nuovo Mondo, ma qui potete ascoltare quella di Dvořák.



E' stato però un soggiorno familiare e meditativo, per quanto possibile. Avrei potuto scrivere piuttosto una canzone simile a questa di Lucio Dalla.




Ma non ho fatto neanche questo. Ho però letto un'intervista a Giovanni Sartori che loda, usandolo per definirsi, il neologismo di Papini e Prezzolini "apoto" (colui che non beve). Mi sono chiesto se Sartori abbia capito che la via più breve al neologismo è il delirio dionisaco, la "mania" che possedeva i sapienti greci. E che credo non diverso dal possessore di Antonin Artaud quando nella commovente biografia di Van Gogh affermò, con lingua demoniaca:

van Gogh
van Gogh

mouen dabi
taouen arbi saled
mauven dibi
taunten libifa

Al di fuori di questo tutti gli uomini di questa umanità non sono che lurida tigna di rompicazzo.

Non mi azzardo a metterlo in corsivo perché è stato scritto in una lingua superiore a qualsiasi lingua umana, e allora tanto varrebbe convertire al corsivo (cioè al diverso dal carattere normale) tutto quanto ho scritto in italiano, più questa frase in spagnolo: he visto que unos españoles han entrado en la tumba de Djehuty, en Luxor, pues que salgan de inmediato!

giovedì 12 marzo 2009

Bombardiere e parrucchiere

Alla mia ubriacante nostalgia degli anni 30 questa crisi economica dà man forte. E intraprendo con illusione le sorprendenti occupazioni che si addicono a un disoccupato. Per esempio sedersi su di una panchina assolata, accanto ai platani colmi di palline, e leggere il giornale.



James Stewart riporta la calma tra alcuni correntisti impauriti dalla Big Depression del 1929.


Nell'aprica e prospettica Piazza Dalmazia leggo che il gallo fiorentino Rodrigo Bracco (8 vittorie e 1 sconfitta) combatterà domani sera contro il bulgaro Alexander Vladimorov (7 vittorie, 2 sconfitte e 1 pari), al Mandela Forum. Se fosse ancora permesso scommettere, fumare e molestare nei locali pubblici ci farei un salto. Bracco è anche parrucchiere, e i pugni con cui cercherà di stendere Vladimorov li avrà sferrati tante volte, tra il serio e il faceto, al fratello Aleandro, tra una forbice e l'altra della loro bottega di Porta al Prato.


Esempio di raffigurazione combinata: parrucchiere uomo-donna di sopra e ring di sotto.


Nel sottoclou della notte, non c'è agonismo senza vincitore, Rodrigo Bracco ha sconfitto ai punti, in 8 riprese, il gigantesco e scaltro bulgaro.

domenica 8 marzo 2009

Mimosa and olive branches

Ho appena letto questa notizia, ve la riporto a guisa di buon auspicio:

President Barack Obama is poised to offer an olive branch to Cuba in an effort to repair the US's tattered reputation in Latin America.
(Il Presidente Barack Obama vuole offrire a Cuba un ramo d'ulivo per migliorare la miserabile reputazione degli Stati Uniti in America Latina).

[Clicca per leggere l'articolo, che è in inglese]


Peace and prosperity

Il ramo di ulivo, ramo di mimosa dell'umanità, dono della Dea Atena alla città di Atene, in Grecia adornava le spose e incoronava gli atleti in trionfo alle Olimpiadi, ma in questo nostro secolo di perfezionisti è anche il nome di una ridente cittadina del Missisispi.

venerdì 6 marzo 2009

Fight the crisis!

La Banca d'Inghilterra sta coniando 75 bilioni di sterline (67 miliardi di €). L'obbiettivo è di innestare nei disillusi cittadini inglesi il sorriso fallace e soddisfatto di questa donna che si affaccia a un balcone da 1 milione di $ (in biglietti da 1$) da dove ha tutta l'aria di volersi concedere il primo amore di passaggio della sua vita!

Clicca sulla foto per vedere meglio sia le banconote che il lucidalabbra.

mercoledì 4 marzo 2009

Kippot

Oggi sono entrato in un ufficio pubblico. Il funzionario è rimasto seduto al suo posto mentre mi avvicinavo al suo scrittoio. Non lo dico per cogliere una mancanza di quell'impiegato (e meno adesso che il suo capo lo tratta da straccione!), bensì per spiegare perché egli tenesse la testa inclinata verso l'alto: per guardarmi negli occhi. Quella sua particolare posizione risaltava una plaga scura nella zona della nuca, come la rotondità della terra fa con la linea dell'orizzonte. Mi era toccato in sorte un funzionario canuto, longevo e savio, caratteristiche che, quando non evidenti, era facile intuire dal suo aspetto da vecchio gnomo. Per un'associazione mentale che rivela la mia essenza di uomo occidentale, scambiai quella zona di capigliatura per una kippah, la papalina degli ebrei (non è strano chiamarla così?). Era un abbaglio, e, quando l'impiegato si piegò, m'accorsi del malinteso: la giovanile baldanza di quell'uomo strappava al tempo e alla canizie una kipa di capelli corvini. Stavo uscendo quando il mio esprit des escaliers mi suggerì che una כיפה indossata a lungo avrebbe lasciato un alone del tutto simile, proprio come un quadro affezionato alla propria parete.



lunedì 2 marzo 2009

Le vacche sacre

Le vecchie vacche pascevano una avena deliziosa e la loro soddisfazione aumentava. L'eccitante idea della fortuna assumeva in loro una precisione grado a grado più sopraffina. Dispensate dalle angherie dei pastori e dei cani che vedevano insidiare le loro consimili, ciascuna contemplava pigramente il proprio manto color del legno, lasciando che il vento passasse nella candida peluria attorno alle loro grandi orecchie. Mentre sulla pelle delle presidiate dardeggiavano tremende bruciature che il vello non ricopriva, i loro robusti colli, dorsi e arti erano lisci e morbidi come appena usciti dal ventre materno. Approfittando della freschezza di un torrente per dissetarsi, circondate dal murmure dell'acque e da un ficcante odore di muschio, le vacche non badavano al chiasso dei campanacci che le presidiate portavano al collo, che le rivelava a metri di distanza escludendole dai giochi col nascondimento e la sorpresa alle spalle. Allo scoppio di quelle cagnare, le vacche fissavano con stordito divertimento la scena, per risprofondare nel sorseggio dell'acqua cristallina scambiandosi colpi di coda.

Beata era la loro condizione e quella dei vitelli generati coi più bei tori che avevano avuto l'ardire di avvicinarsi. Regnavano sui boschi, riscaldandosi al sole dei più solinghi praticelli e rinfrescandosi sotto le più fitte coltri di mirti e di lecci. Quando lasciavano gli effetti delle loro delibazioni a seccare al sole e a sciogliersi con la pioggia, le piante si nutrivano e gli insetti ci si sollazzavano. Guardandole incedere nei prati, da dove a piacere s'inoltravano nei frondosi boschi col placido ma vigoroso ticchio della razza bovina, si era certi che vita più lieta non poteva esser menata.

E' facile immaginarsi come le vacche sogguardassero sprezzanti le due figure che un giorno si stagliarono sulla polvere della strada chiara. Le due leste e oblunghe ombre si muovevano con un'intuibile comunione di scopi. I bovini tennero lo ieratico contegno che i fortuti incontri coi pastori gli avevano sempre suggerito, ma la loro solenne nuncuranza non potè quel giorno manifestarsi con la consueta sicurezza, poiché i due forestieri dimostravano un inconsueto ardimento, come se l'ordine che le aveva volute padrone di quel prato fosse stato sostituito. Si appressarono fino a dove neppure il più longevo tra i tori poteva raccontare d'aver mai visto un pastore, e dai loro archibugi, tesi come bompressi, uscirono una fiamma e un rumore spaventosi. L'indifferenza che le vacche seppero dimostrare a quella che i costernati animali consideravano una messa in scena di cattivo gusto scatenò un selvaggio mugghio d'invocazione. Si bramava il passaggio a un mondo in cui le mosche non costringono a vorticare la coda senza posa e l'avena piove dal cielo come una manna.

domenica 1 marzo 2009

Gabriele D'Annunzio e i cani della Capponcina

Gabriele D'annunzio e i suoi 39 cani della Capponcina.

Il vate vi si stabilì per avvicinarsi alla Duse, io e Tiziano per guardare Iside da una altana.