Vengo invitato alla massima puntualità dalla segretaria che dà appuntamenti per telefono.
- Abbiamo detto martedì alle 15:15 - ribadisco dopo la sua descrizione dei posti vacanti nell'azienda dove lavora.
- No - precisa lei - alle 15:10.
Ne deduco che i candidati si succederanno al ritmo di uno ogni cinque minuti e mi presento alle 15:09 pronto a sintetizzare al massimo.
Fino alle 15:30 nessuno mi rivolge la parola, forse per darmi il tempo di sfogliare la deliziosa rivista aziendale, dove campeggia la scritta "Storia del successo di un uomo". Si racconta del mitico anno in cui il predestinato giovanotto dalla gavetta miracolosa era riuscito a vendere non so quanti abbonamenti e a conquistare la presidenza dell'azienda. Svetta un'immagine di lui, l'aria compressa in pancia, con accanto una bionda.
Si fa avanti una signorina, a cui mi presento, che mi precede nell'ufficio in fondo al corridoio.
- Tu cercavi un lavoro part-time o full-time?
Darsi del lei non va proprio più di moda.
- Part-time.
- Part-time ho solo dei posti nel call-center, non so se ti può interessare.
- Se devo dare informazioni e non vendere niente se ne può parlare.
Lei allora fa una pausa enfatica, scosta il curriculum che tiene in mano con la sola rotazione del polso, mi guarda e dice:
- Beh sai, tutti nella vita vendiamo qualcosa.
- Come sarebbe?
- Sì, anche quando non vendiamo un prodotto, dobbiamo saper vendere noi stessi.
- Non lo so.
- Se non sei in grado di fare questo - insiste - non sei in grado di fare questo lavoro.
Chiedo del full-time.
Per niente sorpresa cala una frase da iscrizione su pietra.
- Il full-time richiede una disponibilità totale.
Al che mi faccio serpente tra le rocce e dico:
- Sì, al telefono mi hanno detto che ci sono diversi posti vacanti.
- Guarda, chi lavora per me full-time deve darmi una disponibilità completa, sennò non regge né psichicamente né fisicamente.
Le sue guardate al mio curriculum si fanno più torbide e temo che quella sottile risma di fogli trasudi il più fetido degli umanesimi.
- E poi con questi studi che hai fatto - aggiunge gettando lo sguardo fuori dalla finestra - vorrai fare qualcosa di importante!
- Mah via, neanche avessi un master a Ginevra!
Avrei solo bisogno di un po' di soldi, e guardo anch'io i capannoni e il cielo bigio.
- Senti, facciamo una cosa.
- Cosa?
- Io ti restituisco il curriculum.
- L'ho stampato apposta per il colloquio, puoi tenerlo.
- No no, te lo restituisco, così stai più tranquillo.
Mi chiedo cosa avrebbe fatto del mio curriculum se non me lo avesse restituito.
La voce di quella donna contiene un'orribile misericordia, quella di chi concede una grazia tra mille condanne.
- E la tua scheda la cestiniamo.
Era l'ultima prova del mio passaggio per quel posto. Devo andarmene ma voglio conoscere la fine di quei disgraziati a cui la stessa voce ha detto cose diverse.
- Un'ultima domanda: di che lavoro si tratta?
- Guarda, non è che non te lo voglia dire - E le sue parole mi parano davanti una benevolenza posticcia - Ma chi lavora per me deve darmi una disponibilità completa.
- Capisco, una cosa così impegnativa forse non fa per me.
Sto per uscire a passo accelerato quando mi accorgo di un ragazzo seduto a gambe divaricate, le mani sulla grossa fibbia dorata che serra la cintura, ha l'aria di aver ingoiato un rospo.
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