mercoledì 4 marzo 2009
Kippot
Oggi sono entrato in un ufficio pubblico. Il funzionario è rimasto seduto al suo posto mentre mi avvicinavo al suo scrittoio. Non lo dico per cogliere una mancanza di quell'impiegato (e meno adesso che il suo capo lo tratta da straccione!), bensì per spiegare perché egli tenesse la testa inclinata verso l'alto: per guardarmi negli occhi. Quella sua particolare posizione risaltava una plaga scura nella zona della nuca, come la rotondità della terra fa con la linea dell'orizzonte. Mi era toccato in sorte un funzionario canuto, longevo e savio, caratteristiche che, quando non evidenti, era facile intuire dal suo aspetto da vecchio gnomo. Per un'associazione mentale che rivela la mia essenza di uomo occidentale, scambiai quella zona di capigliatura per una kippah, la papalina degli ebrei (non è strano chiamarla così?). Era un abbaglio, e, quando l'impiegato si piegò, m'accorsi del malinteso: la giovanile baldanza di quell'uomo strappava al tempo e alla canizie una kipa di capelli corvini. Stavo uscendo quando il mio esprit des escaliers mi suggerì che una כיפה indossata a lungo avrebbe lasciato un alone del tutto simile, proprio come un quadro affezionato alla propria parete.
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