giovedì 31 dicembre 2009

2010


Che i flutti del nuovo anno siano ben contrarrestati dalla ciclicità della vostra personalità.

giovedì 24 dicembre 2009

Il genero e la vecchia galera

Oggi pomeriggio osservavo gli Appenini mentre dividevo lo scompartimento dell'Intercity Venezia-Napoli con una famiglia di cinesi emigrati negli Stati Uniti. La figlia portava con sè il suo fidanzato americano, che annotava con calligrafia minuziosa un piccolo diario di bordo. Lo scarto tra le generazioni era segnato dalla padronanza dell'inglese. A un certo punto il padre della ragazza si rivolge al genero americano e io capisco solo

- Even you.

E quello, dopo una pausa in cui potrebbe aver pensato che doveva proprio non lasciar cadere niente, per non doverlo poi raccogliere con un pietoso foglio di carta:

- Even me.

Stavo leggendo un passo di un libro che diceva:

Ingres corrispindeva pienamente alla descrizione del fanatico della forma di Thoré. Ma non lo sapeva, né se ne curava. O almeno non più che di sapere che cosa avvenisse in lui mentre respirava. Respirava e basta. Per il resto aveva un repertorio di saldi principi - non di evidente interesse teorico - che sguainava appena possibile, con l'aria di chi, per una ragione o per l'altra, è sempre offeso. I contemporanei gli credettero. E soprattutto credettero che la sua pittura fosse fedele alle sue parole. Così attraversò la sua epoca come un vascello di inaudita novità che gli ossrvatori prendevano per una vecchia galera.


Ingres, Il bagno turco

Buon Natale!

sabato 19 dicembre 2009

Dalla somiglianza di due nasi

E' difficile non credere che, in certa misura, una somiglianza non sia anche una corrispondenza. Ciò che si somiglia ha pari esteriorità perché quasi identica interiorità, suggerisce una voce inconscia tanto antica da sembrare automatica. Quando udiamo un rumore nuovo, se è simile a uno che conosciamo già, cercheremo di capire prima di tutto se proviene dalla fonte che sprigiona di solito il rumore noto. Cercheremo dell'acqua se il rumore è ondoso e cristallino, una fronda se ventoso e secco, un camion se è sordo e sferragliante. Due parole simili non hanno quasi mai significato simile, benché "contemporaneamente" e "parzialmente" siano entrambi avverbi. Eppure una lista come pala, cala, mala, ala, lava, lana, sala, cara, vana, fata, bava, capa, gara, rapa, rana, tara, rota, rata, cava e rasa colpisce per il senso di unità che trasmette. Per capire che si tratta di parole con significati molto diversi tra loro dobbiamo ricorrere a quel temprato spirito di sopravvivenza che ci permette di non cadere nei tranelli. A tutta prima sembra infatti una variazione sul tema, cioè un gioco che permette di dire la stessa cosa in modo leggermente (che somiglia a "contemporaneamente" e "parzialmente" e perciò è un avverbio) diverso. Nello stesso modo riconosco a prima vista il sangue di uno sconosciuto versato sul marciapiede perché è uguale

nell'uguaglianza la somiglianza è sublimata

al mio sangue.
Un cane per la strada non ci scambia né per un altro cane né per un cinghiale perché somigliamo al suo padrone, e dicono che i cani vedono peggio di noi.

Potremmo passare adesso all'olfatto e al tatto, ma non ho voglia di essere completo.

Cosa avrà pensato Franco Battiato quando ha visto per la prima volta il volto di Vladimir Horowitz? A fine anni Sessanta, vicino Catania, un precoce ragazzino vede il più celebre pianofortista dell'epoca esibirsi in concerto. Vede la coda biforcuta della marsina, la Carnegie Hall e poi quel viso così simile al suo! Levigato da una brezza spirituale instancabile, eredità di una stirpe mistica, quel volto affilato fendeva il palco mentre il grande Horowitz si apprestava all'esecuzione della Prima Ballata di Chopin.

E se le teorie di Cesare Lombroso, maniatiche e impietose con i criminali, prendessero tutte d'un colpo a funzionare per gli artisti? E se Battiato, ancora Francesco, avesse pensato: mi somiglia tanto che deve esistere qualcosa in me che si avvicina a lui! Adesso le nostre situazioni sono diverse, lui si esibisce a New York mentre io vivo con i mie genitori, ma guardiamo le cose in prospettiva... Un giorno alla nostra somiglianza esteriore corrisponderà una somiglianza di destini!



Rara, papa, para, bara, vara...

mercoledì 16 dicembre 2009

Il pertugio

Sono troppo stanco e deluso per scrivere qualcosa che possa risollevare l'animo mio e di chi leggerà, ma non desisto dal raccontare che stamane, mentre attraversava un ponticello di legno tra due vasche d'acqua semicongelata, un uomo con delle stampelle ha tagliato la fredda aria antipomeridiana chiedendo a chi gli andava appresso:

Ma quel passerotto sta camminando sul ghiaccio?

mercoledì 2 dicembre 2009

Superstizione

Come si fa a non essere superstiziosi?
La superstizione è la timorosa ricerca della salvezza e della colpa nelle cose più piccole.

domenica 29 novembre 2009

Da te non imploro, angelo, nient'altro che preghiere

Tornando a casa da un quartiere lontano, ho pensato ieri notte quanto sarebbe stato più comodo fermarsi a dormire lungo il cammino, piuttosto che attraversare, assonnato e infreddolito, l'intera parte orientale della città. Ho sùbito scartato l'idea di cercarmi un albergo, per via della spesa che ne sarebbe conseguita, nonché quella di chiedere a un amico l'uso del suo salotto: i divani sembrano riservare i peggiori torcicollo a chi li pensa come soluzione di emergenza. I soli luoghi che offrono amabili contropartite a queste e ad altre pene sono i bordelli! Quante disgrazie devono esser piovute sull'umanità, per guardare con la penosa severità attuale i casini! Mi sono ricordato del provvidenziale bordello di Versailles, dove Charles Baudelaire trascorse notti di piacere e desolazione in attesa che Philoxène Boyer ritornasse da Parigi coi denari. Nell'alcova, circondato dalle donne che i perbenisti di Versailles guardavano di sottecchi quando le incrociavano per la via, Baudelaire scrisse tre delle più belle poesie delle Fleurs du mal, dedicando L'Aube Spirituelle a Madame Sabatier:

Quand chez les débauchés l'aube blanche et vermeille
Entre en société de l'Idéal rongeur,
Par l'opération d'un mystère vengeur
Dans la brute assoupie un ange se réveille.

Des Cieux Spirituels l'inaccessible azur,
Pour l'homme terrassé qui rêve encore et souffre,
S'ouvre et s'enfonce avec l'attirance du gouffre.
Ainsi, chère Déesse, Etre lucide et pur,

Sur les débris fumeux des stupides orgies
Ton souvenir plus clair, plus rose, plus charmant,
À mes yeux agrandis voltige incessamment.

Le soleil a noirci la flamme des bougies;
Ainsi, toujours vainqueur, ton fantôme est pareil,
Ame resplendissante, à l'immortel soleil! *

Quei pensieri hanno causato un rivolgimento notturno che si è protratto anche in sogno. Nel dormiveglia, chiedevo a un critico d'arte draguer de femmes se conoscesse una casa di tolleranza che valesse la pena.

domenica 22 novembre 2009

Da un monumento all'altro

Scusate la seconda menzione consecutiva del bar El reportaje. Ma vivo uno di quei mesti periodi in cui mi è pressocchè impossibile restare in casa. Esco allora più che posso, a danno del fegato, delle vergini e del conto in banca. Il bar El reportaje è un locale appena passabile, dove usano burro e non margarina, preparano café con leche fumante e servono al tavolo senza esosi rincari. Non è lontano dall'appartamento dove sfortunatamente abito; vista l'aria che tira, mi accontento. Leggevo un estratto de "L'arte e la maniera di abbordare il proprio capoufficio per chiedergli un aumento", di George Perec. Mentre si fa colazione, si legge aspettando un punto, o un punto e a capo, col suo arioso cambiar di capoverso, per sorbire il caffè o spalmare col coltello burro e marmellata sul pane tostato. "L'arte e la maniera di abbordare il proprio capoufficio per chiedergli un aumento" non ha nemmeno un punto perchè non ha alcuna punteggiatura. Questo lo rende il peggiore dei libri da leggere durante la colazione.
Ogni volta che leggo un testo povero di punteggiatura, ripenso a un amico di Bologna. Agli appuntamenti che mi era impossibile onorare con puntualità, di solito in un bar, mi aspettava seduto al primo tavolino davanti alla porta, con un bicchiere di rosso in mano. Mai una volta che si sedesse al secondo tavolo, o al terzo, o che bevesse vino bianco. Scriveva dei brevi e divertenti racconti quasi privi di punteggiatura.
Proseguo. Il settimanale che conteneva l'anticipazione del libro di Perec, celebra a pagina 28 il centesimo anniversario della nascita di Eugene Ionesco. Un lungo articolo, dominato da una fotografia del drammaturgo che fuma un mozzicone di sigaretta, dice che l'incomunicabilità prende spesso le sembianze della prolissità. Un po' mi secca, ma credo sia un'involontario commento al libro di George Perec.



A questo punto, non posso fare a meno di ricordare quanto accaduto ieri sera, quando nel salotto dell'appartamento che ho sciaguratamente scelto per trascorrere i giorni d'autunno, sono convenuti degli amici di un mio coinquilino. L'arredamento provvisiorio da boheme di fine Novecento prescriveva l'uso dei cuscini di un divano inesistente per adagiarsi alla meno peggio. La musica usciva da un portatile Toshiba e il rum era trattato bruscamente, come se dovesse lui servire chi beveva e non il contrario. Un improvviso scarto della conversazione portò l'attenzione generale sull'Italia. Venni interrogato sulla mia provenienza. Firenze scatena sempre strane reazioni. "E' come un sogno", dice uno, "Ma quanti turisti!", dice l'altro. Il mio coinquilino, ferrato, riassume in una formula che credo di aver smesso di usare, per sfinimento, quando avevo quindici anni: "Meglio per i turisti che per chi ci abita: da un monumento all'altro... da un monumento all'altro... ci si annoia". Se l'avesse pronunciata uno sconosciuto, quella frase, avrei ricorso a una citazione di Stendhal e tutto si sarebbe risolto in una sgradevole risata. Ma costui non è per me uno sconosciuto, è l'individuo che rende così spiacevole il mio soggiorno, spero breve, in quest'appartamento. Perciò sbuffo:

- Si potrà pur fare qualcosa di divertente, tra un monumento e l'altro!

Ma ecco che ritorno col pensiero al bar El reportaje, dove sul settimanale ho letto che a Parigi, in questi giorni, si tiene una mostra sulle ultime opere di Renoir, che il pittore finì coi pennelli legati alle dita. Interrogato da Matisse:

- Perchè ti torturi così?

Renoir rispose:

- Il dolore passa, Matisse, ma la bellezza resta.

sabato 14 novembre 2009

Ci sono stati poeti, nei secoli (avevo digitato bei secoli), che hanno saputo vedere nella loro mente un'epoca lontana, forse la più remota. Essa ha pienato lo sguardo di uomini di ogni epoca, e con esso la loro voluttuosa percezione, e credo sia paragonabile a un archetipo. Anzi, estromettendo la prudenza dalla metafora: l'età dell'oro è uno degli archetipi a cui l'uomo paragona sempre e involontariamente la propria visione del mondo. Oggi, tra il letto e il bar El reportaje, ho letto di due di essi: Esiodo, vissuto ventotto secoli fa (avevo digitato bentotto=ben ventotto) e S.T. Coleridge, in vita due secoli fa.

Scrive Esiodo:

Ebbene, d'oro una prima stirpe di uomini caduchi
fu forgiata dagli immortali che hanno le olimpie dimore,
nell'età di Crono, quando egli regnava sul cielo:
vivevano come dei, con l'animo immune da affanni,
ben lungi da pene e miseria; né la vecchiaia
sventurata gravava, ma sempre integri nei piedi e nelle mani
nei banchetti prendevano piacere da ogni male al riparo;
e morivano come vinti dal sonno; ogni bene
era in loro possesso, e spontaneamente la terra feconda
copioso e facile frutto recava, ed essi, soddisfatti
e tranquilli, si spartivano dunqe raccolti colmi di beni

Questa descrizione, presa da Opere e i giorni, ritrae la vita dei primi uomini, creati dagli dei dopo la detronizzazione di Urano compiuta da Crono. Il che, per Esiodo, equivaleva forse a dire "dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo", o qualcosa di simile.

S.T. Coleridge:

In Xanadu Kubla Khan volle porre,
un divino palazzo del godere:
e il fece dove Alfeo, il sacro, scorre,
per le proibite all’uom, profonde forre
fino a dell’acque scure, sempre nere.
Così assai miglia di dolci terre ambite,
son d’intorno da muri e torri rivestite.
V’era nel campo il riflesso de’ ruscelli
ed eran assai folti l’albero d’incenso
e le foreste, vecchie come monticelli
che il verde circondavan, d’Elio accenso.

Questa traduzione, che ha il merito di salvare le rime dalla falce della traduzione, è tuttavia faticosa. Quella di Mario Luzi ha meriti e demeriti opposti.

I versi 1-11, benché seguiti dal tremendo verso Ma oh! quel cupo abisso fino al fondo... descrivono il luogo dove il poeta vede la fanciulla abissina che il latto delibò del Paradiso.

Le due visioni ci fanno capire, anche in un sabato fattivo come questo, pervaso da una snervante praticità, attraverso le visioni di un greco e di un inglese, perché non c'è stata epoca, dopo quella dominata da Crono, che non sia stata definita "decadente".

Come se ricordassimo ancora, con l'aiuto del sogno, qualcosa del principio.

sabato 31 ottobre 2009

Le incontabili vittimi di Passione, dea senz'anima

La rosea Eos aveva appena finito di annunciare il dorato fratello Elios quando i giornali arrivavano nelle edicole. Vi si poteva leggere di due uomini traditi, beffati dalla passione. Ho detto due, ma sono tre. Ora spiegherò il perché.


A Chengdu, in Cina, il venticinquenne Sun Meng è stato costretto dall'improvviso ritorno del marito della donna di cui è amante, a rifugiarsi sul balcone della casa di lei (e di lui). Sfortunatamente, il marito è stato così lesto da sorprenderlo senza vestiti, e Sun Meng ha dovuto aspettare che qualcuno lo calmasse, prima di poter rientrare in casa e nascondere la natura.


A San Paulo, in Brasile, il quarantaseienne tedesco Hanz Mueller, è stato piantato in asso da una ragazza che credeva lo amasse. Ci credeva tanto, dopo le malandrine effusioni concessigli su Facebook, che aveva preso armi e bagagli e si era trasferito nella città di lei. Questo, almeno, è quello che sembra avesse intenzione di fare. La ragazza però non si è presentata all'aeroporto, come siamo certi avesse promesso, e il povero Hanz è, per di più, squattrinato!

Ma non si deve cedere alla tentazione di offrire compassione solo ai romantici e picari protagonisti. Perché, di certo, anche il marito dell'anonima amante di Sun Meng deve aver passato una brutta mattinata, e magari è ancora lì che ci rimugina. Dunque la scaltra Passione aveva già all'attivo, e non erano nemmeno le 7 am, tre vittime.

Ma non si deve cedere alla tentazione di offrire commiserazione solo ai romantici e picari protagonisti e co-protagonisti, perché sullo sfondo si cela la figura della ragazza che non si è presentata all'aeroporto ad accogliere Hanz, che avrà visto come una sua indecisione abbia provocato uno scandalo internazionale. I rossori della vergogna, lo dico senz'animo redentore, la sorprenderanno più del solito per una settimana.

Per non parlare dei familiari di Meng Sun, che l'hanno visto ridotto in così misera condizione, e di Heinz Mueller, che di certo lo credevano abbastanza assennato da non ficcarsi in guai simili. E dei familiari e conoscenti del marito cinese che ora lo sanno infelice e senza onore. Spero che siano persone ragionevoli e inclini al perdono, o il numero di vittime di Passione, che m'immagino debba sforzarsi molto poco per ottenere risultati così strabilianti, potrebbero crescere senza misura.

Che la nera Selene vi protegga, stanotte.

domenica 25 ottobre 2009

E con questo?

- Tendo a riconoscere i miei errori, anzi, mi perseguito con loro.
- E con questo cosa vorresti dire?
- Solo che questo blog non è errore, non lo considero come un errore. Ho commesso altri errori, molti errori, ma non questo: questo non lo è.
- Perchè non smetti di chiedertelo? Per questo strano nome che gli hai dato? Temi che non nessuno lo capisca? Che non piaccia a nessuno? Io non lo capisco, a me non piace.
- Sì, forse temo anche questo. Ma io so cosa vuol dire plenumsplenico, so perchè l'ho chiamato così, anche se riconosco che prima o poi dovrò cambiargli nome. Coi figli non si può fare. Non si può battezzare un figlio con nove nomi, uno per ogni decada che si spera che sopravviva, e cambiargli nome ogni dieci anni. Anche se non sarebbe una brutta pensata, la gente cambia col tempo, e deve conservare quel nome che non può cambiare, che è costretta a sopportare così com'è, vecchio, inadatto, superato, per questo la gente finisce col farsi chiamare con dei soprannomi o con dei nomi d'arte, per segnare un punto e a capo, un punto a loro favore nella lunghissima vicenda tra loro stessi e il loro nome.
- Come Joe Strummer?
- Sì, proprio così, come Joe Strummer. Non rispondeva più neppure al citofono se i suoi amici continuavano a chiamarlo col suo vecchio nome, che era poi il nome di battesimo. I suoi amici sulle prime ci restavano male, ma poi nelle interviste agiografiche post-mortem fingono di aver capito e perdonato, e lo chiamano durante l'intera durata dell'intervista col nome che si era scelto e a causa del quale avevano persa la sua amicizia, l'amiciza col solo artista che sia mai entrato nelle loro esistenze.
- Se conoscessi un dizionario etimologico attendibile ti dimostrerei che l'origine della parola "droga" è "affezione".
- E questo che c'entra?
- C'entra, perchè i discorsi sulle droghe sono inutili. E' inutile chiedere a una star come Joe Strummer che ci racconti la sua esperienza con le droghe. Chiunque potrebbe ben più utilmente descrivere la propria con qualsiasi cosa per cui sente affezione, di cui non può fare a meno. Non c'è racconto di questo tipo che non finisca con un "poi mi sono accorto che potevo vivere anche senza di lei". Plenum sta per ammasso, insieme confuso, raggruppamento, concentrazione, ritrovo. Se tra Leopardi e me non fosse nato Baudelaire l'avrei chiamato Zibaldonemelancolico.

sabato 24 ottobre 2009

Un momento di una storia

La posata omniscenza che esalava dal suo viso non era una fragile apparizione che si ha paura di interrompere, ma si esprimeva con una calma assennatezza che si ha solo il timore di poter in qualche modo disturbare. Uscita dall'abitazione, egli cadde in uno di quei buchi del flusso di esperienza che paiono scollegare il momento presente di una vita dagli istanti passati e da quelli futuri.

domenica 9 agosto 2009

Quando si dice il primato culturale

Per capire quanto il pensiero di Antonio Gramsci abbia allignato esiste oggi una prova irrefutabile: l’osservazione della pubblicità di Socrem, “associazione che si batte per il rispetto delle tue volontà", massime le ultime. Nella pratica quotidiana una società per la cremazione che tappezza di cartelloni il quartiere dove abito. Persuasa che il mondo sia pungolato dalla necessità di ricavare il maggiore spazio possibile dal minore degli spazi, e non meno certa di un greco antico sulla forza della Necessità, Socrem vuole “Più spazio per loro”, dove per "loro" s'intendono i bambini rappresentati sullo sfondo del cartellone da una siluetta di carta dai lineamente puerilmente antropomorfi. Dapprima, leggendo lo slogan (il motto!) si può pensare che Socrem abbia a cuore l’apertura di parchi giochi nelle periferie, o la definitiva espulsione degli adulti dai bar a vantaggio dei minorenni o qualcosa del genere. Quando però al subliminale si unisce il manifesto, è chiaro invece che Seprom mira a far soldi soppiantantando mediante discredito i già tartassati becchini, rei di ingombrare con le loro salme inutili il suolo destinato al divertimento e alla spensieratezza dei tuoi figli!

Perfino alla Socrem, dunque, hanno capito che non importa ciò che farà la gente tra cinquant’anni, se voterà o meno Partito Popolare o se continuerà a seppellire i propri defunti accumulandoli nei cimiteri. Conta ciò che penserà. E una volta che la cremazione avrà agganciato il treno del progresso sostenibile insieme all’energia solare, a quella eolica, all'entrata della Turchia nell'Unione Europea e alla raccolta della merda dei cani, sarà inevitabile che tutti pensino che tumulare i morti è fuori luogo. Nessuno lo proibirà, neanche tra cinquant’anni, ma le famiglie che rispetteranno la tradizione di onorare i morti ancor prima dei nascituri, si sentiranno ripetere “sono un integrlista tollerante, ma per favore abbia la cortesia di non farlo proprio sotto i miei occhi!”.

giovedì 6 agosto 2009

Sono stanco, molto stanco

Sono stanco, molto stanco
di essere quello che le tue larghe braccia aperte
ricoprono, come gli ospiti gioviali, senza darsi vanto
e poi si richiudono che in me nulla c'è d'inerte.

Voglio che il gemito che ti dà ebbrezza
dalle mie labbra non sfugga ancora
ché i tumulti del petto custodiscono con troppa tenerezza
perchè di tafferugli così imbarazzanti io sia dimora.

martedì 28 luglio 2009

Sono stato a Viareggio ma era Napoli

Come fanno i napoletani a non spezzarsi ascoltando canzoni come questa?



Tito Schipa canta I' ye vurria vesa' in fa

Forse è per questo che sono lesti e furtivi come i duri, altrimenti non avrebbero niente da opporre alla vertiginosa certezza di essere napoletani.

E come facciamo, noi italiani, a non voler essere napoletani?

giovedì 4 giugno 2009

El trueque del gritón

Svenduta la mia fortuna ai fortunali
son rimasto con la sventura
che ora vendo cara agli avventurieri
che m'incontrano come un treno in corsa
incontra una stazione vuota.

E se le fertili parole che mi dicono
le agghindo con sterili fiori di beniamino
essi arrivano a inumidire le mie semimorte
fronde di esteso glicine.

Cambio ninnoli per monili nobiliari!
Damaschi per cotone!
Cornucopie per nudi teschi di capra!

Come Paco Ibañez, si può prima recitare e poi cantare.

Svenduta la mia fortuna ai fortunali
son rimasto con la sventura
che ora vendo cara agli avventurieri
che m'incontrano come un treno in corsa
incontra una stazione vuota.

E se le fertili parole che mi dicono
io le agghindo con sterili fiori di beniamino
essi arrivano a inumidire le mie semimorte
fronde di esteso glicine.

Cambio ninnoli per monili nobiliari!
Damaschi per cotone!
Cornucopie per nudi teschi di capra!

In this case, evidently, the links are the music.

Ma ora ascoltiamo come Federico Garcia Lorca descriveva il baratto di un cavallo per una casa, di una sella per uno specchio, di un coltello per una coperta:

sabato 30 maggio 2009

Le distrazioni

Oggi è un giorno luminoso, e il Sole e l'Ombra si spartiscono gloria e miseria delle superfici piane e gibbose, liscie e scabrose, pietrose di Firenze. Ieri faceva invece una sera scura e la città si apriva agli occhi deserta e ventosa. I mulinelli sostituivano gli spazzini convocando le cartacce e spazzandole via. Ancora prima, durante le ore di luce, avevo passeggiato per quelle stesse vie, subendo la vista della folla, e distraendomi con quel che si suol chiamare il brulichio della strada. Gli ampi stradali erano attraversati da cartelloni pubblicitari viaggianti, simili a brutti termosifoni che solo di profilo offrivano curve interessanti. Un uomo, in Via Jacopo da Diacceto, era affacciato alla finestra. Le circostanze lo rendevano l'immagine di Jacopo da Diacceto. La sua finestra era infatti al primo piano, giusto di lato alla targa che indicava il nome della strada. Lo sfondo della stanza dove si trovava era poi scuro, e la sua siluetta schiarita dalla canottiera di cotone bianca si stagliava come in una perfetta fotografia da studio in vesti casalinghe. Donne dal portamento solerte e magnifico mi tagliavano il passo, mi superavano, si stupivano se poi al semaforo rosso le raggiungevo. Col verde ripartivamo insieme a grandi falcate, accompagnandoci per qualche passo. Poi mi superavano di nuovo e le perdevo nel brulichio della strada. Motociclisti col mozzicone della sigaretta tra le labbra irrompevano nelle vie trafficate imprecando contro chi le popolava. I pittori aprivano le finestre per mandar via l'odor di vernice e d'acqua ragia, tenendo d'occhio i treni per non far tardi alla stazione.

giovedì 21 maggio 2009

Evoluzione

Charles Darwin, l'uomo di 200 anni fa grazie al quale David Attenborough può oggi definire Ida, il fossile dell'Eocene ritrovato a Messel, in Germania, come "l'anello di congiunzione tra l'uomo e il regno animale" senza che ne ingiungano la prigionia o l'esilio dall'Inghilterra, racconta come i cacciatori freddavano i lesti ma incauti guanachi della Patagonia. Essi si stendevano a terra scalpitando in aria e tracciando geometrie polverose e casuali. I guanachi, che da lontano prendono uomini per puma, strabuzzavano i lacrimosi occhi straboccanti curiosità. Quando il guanaco arrivava a tiro, il cacciatore sparava un paio di colpi di prova, "tutti considerati dai guanachi come parte dello spettacolo"! e poi lo stramazzava seco.

Se l'evoluzione delle specie seguisse un ritmo moderno, dal 1836 (anno del racconto di Darwin) a oggi, il guanaco si sarebbe già fatto più circospetto.

Le zampe unghiute di Ida fanno pensare a un beato un po' svogliato che aiuta una bambolina vudù a non precipitare dal Regno dei Cieli

Omologo di Ida è Archaeopteryx, di quando i serprenti si trasformavano in uccelli.

Questo uccellino visse invece quando gli Dei "falsi e bugiardi" avevano cambiato passatempo

A lui, e al suo slancio interrotto nella pietra, dedico questa canzone:



mercoledì 13 maggio 2009

L'osservatore d'insetti

L'osservatore d'insetti guardava una farfalla.
La sera era calata sulla sua casa vicina al mare e c'erano poche luci accese nelle abitazioni dei dintorni.
L'osservatore, fino a quel momento distratto, notò che la farfalla anelava avvicinarsi a lui, ma si scontrava col vetro della portafinestra.
La farfalla batteva tormentosamente le ali sottili in un movimento rapidissimo che la rendeva simile a una sfera semistrasparente.
L'osservatore si rese conto che la farfalla teneva quello strano comportamento perché abbisognava la vicinanza della luce e che non avrebbe desistito dal raggiungerla.
Solo, sperduto in un villaggio di villeggianti assenti, accese tutte le lampade che aveva in casa, nella speranza che molte altre farfalle accorressero e si affastellassero sul vetro.
Si sentì come un esploratore che si guadagna la curiosità di un indigeno meravigliandolo con le lenti di un binocolo retrattile. Anzi peggio, perché sovrappopolati anelli di quella catena che usiamo per mettere in fila il creato lo separavano dalla farfalla.
Nondimeno l'osservatore d'insetti lenì la sua solitudine, quella notte, esibendo le sue lampade come un pavone le sue piume variopinte, o come un cervo le sue lunghe, affusolate e cotonose corna.
Il giorno seguente accese dei lumi in giardino subito prima che il sole tramontasse.

domenica 3 maggio 2009

Gli alleati

Se potessi cambiare una legge annullerei immediatamente il divieto di fumare. Ero in un pub lo scorso sabato notte, bevendo tranquillamente una birra, quando quella tipa tira fuori il suo marmocchio e gli cambia il pannolino proprio sul tavolo accanto al mio. Una cosa simile non sarebbe mai successa prima che proibissero di fumare.
(Mark E. Smith)

Se meni una vita asciutta e operosa, e non ti immagini il pub in questione, guarda questo video:

Verso la fine ti sembrerà di esserci già stato

Se meni invece una vita umida e immaginifica, e ti figuri già il pub in questione, prova a immaginare anche Mark E. Smith che legge i risultati della schedina del totocalcio inglese, e poi guarda questo video:

Apparirà un biondino dall'aria sardonica

Gli aggettivi "asciutta", "umida", "operosa" e "immaginifica" rispettano la legge della scambievole contrarietà, e sono dunque combinabili. Se li combini, però, dovrai guardare tutti e due i videi.

Se dubiti che si possa ancora contare su tanto buon senso, leggi l'intervista.

lunedì 20 aprile 2009

For J.G. Ballard

Stavo facendo colazione nel bar latteria di via Toselli. Avevo appena rifiutato una brioche lievitata naturalmente senza aggiunta di burro lodata dal barista, dicendo "non si faccia tanti problemi, mezza noce di burro non ha mai ucciso nessuno", quando sul giornale preso dal banco dei gelati ho letto "Addio a J.G. Ballard". Sto leggendo un suo libro, "L'isola di cemento". I libri che leggo rimangono sul letto anche un mese, notte e giorno, e tra questi c'è, anche ora, l'Isola di cemento. Mi sono commosso fino a piangere sulla tazza piena di cappuccino tiepido e, pur capendo perché, mi sono chiesto perché. La risposta è che la trasmigrazione di James Graham Ballard dal regno dei vivi a quello dei morti è avvenuta ieri anche tra le mie lenzuola, così come su tutte le librerie, scrivanie, mensole, consolles e lenzuola del mondo su cui c'era un suo libro.



Nell'articolo, Ballard affermava che il genere letterario della fantascienza ha perso di senso quando Neil Alden Armostrong posò lo scarpone sulla Luna, nel 1969. Ha ragione, siamo più delicati ti quanto sembri.

sabato 18 aprile 2009

Il cattivo pompiere

Domenica, 12 Aprile 2009

L'Italia si è presa una pausa nel lusso. Abbraccia il nero, il colore dell'eleganza e dell'elegia. La sera a L'Aquila è un oscuro pianto senza suono. Ci sono i morti da seppellire. Orfani di orfani rimasti sepolti. I figli dei figli dell'ira - come dice il poeta - sotto le macerie. Non ci sono altri superstiti. E' l'ora dei miracoli. Delle apparizioni della Vergine dietro i resti. Il dolore infiamma la fede. La religione è un valium. Dicono che qualcuno ha detto che si poteva avvisare del tremore per tempo, prima che l'inferno di Dante s'impossessasse del luogo per rovesciare a chi oggi è defunto il bicchiere, il cuore, le ossa fino a lasciarli nel chassis di un'anima schiantata. E ora cosa succede? A chi ritrarranno nel cartellino "Ricercato"? Che lo domandino a Berlusconi, che si reca sui disastri per sport. Lui troverà un colpevole. Ha un pugno di giudici a libro paga. Questo facilita parecchio le cose. Nell'epicentro del dramma ha distribuito sorrisi da caimano, regalato parole idiote, gesti da buffone in mezzo alla tragedia, inviti a recarsi al mare per dimenticare lo spavento. Ha l'arroganza degli inopportuni, la falsa bontà dei frivoli. Lo vediamo indossare il casco da pompiere e ci sembra una creatura nata da un grave errore biologico. Adesso distribuirà sussidi a chi non ha che la disoccupazione, pagherà la luce a chi è al buio... Misure giuste solo se sotto la carità c'è un piano di recupero. Situazioni come questa dimostrano la caratura di un presidente e confermano quanto sia nefasto tenere un aborto della democrazia nella sala dei bottoni dello Stato. Un giorno si dovrà studiarlo con calma, il caso Berlusconi. Non è un uomo come gli altri, bensì l'incarnazione di un paese che ha fuso la propria magia con il peggio delle proprie contraddizioni. Questo amico di Aznar ha bloccato l'alternanza nel suo paese. Si è trincerato al potere grazie a un bunker di imprese. Potrebbe chiamarsi Italia, S.A. Si è emancipato dalla democrazia per andare per conto suo. E' un modo sicuro di vivere la vita. L'opacità è un rifugio eccellente per certe specie. L'oscurità gli conviene senza dubbio. L'Aquila è un oscuro pianto senza suono. E Berlusconi non è stato all'altezza delle rovine, dei cadaveri, di niente. Ancora una volta.

Antonio Lucas su El Mundo
Traduzione di Costanzo

P.S. Il poeta citato è Ben Clark

giovedì 16 aprile 2009

Dillinger è morto

Teo Usuelli, nome e cognome come finali di parole di cui non si conosce il principio, ha fatto un sacco di cose in aggiunta a nascere di sabato, 13 dicembre 1930, e morire di domenica, 13 aprile 2009.



Tra le altre, dare alla voce di Christiane Legrand la Piacere Sequence.

mercoledì 8 aprile 2009

Solidarietà al compagno Dicuonzo

Pur capace di trasformare il gioco degli scacchi in "dinamicità, gruppo, turismo e divertimento", facendo di Barletta una delle capitali giovanili della scacchiera (7° posto nella categoria Superiori Allievi Maschili all'ultimo certame nazionale), il Preside del Liceo Cafiero di Barletta, Ruggiero Dicuonzo, tanto mite da tollerare le abbiettezze di puro_barlettano e ciccillover su barlettaonline, e araldo di un'autorità misconosciuta dalla questa ciurma di scalmanati:


Studenti-battitori-di-mani-a-ritmo-vagamente-tribale in disposizione geometrica

è finalmente incappato in un ligio difensore dell'ordine che lo ha denunciato per istigazione al consumo di sostanze stupefacenti per il mero fatto di aver raccontato, davanti all'ufficiale stesso e agli alunni riuniti, che un suo amico da anni domiciliato in India fuma marijuana senza pregiudizio della salute, ma anzi a giovamento della propria sensibilità musicale.

Eunucherie per quest'epoca, Dicuonzo!

E dire che Carlo Cafiero, l'uomo a cui il Preside volle intitolare il liceo (medigol su barlettaonline aveva proposto Majorana) fu aristocratico fiero e consapevole, tra i primi divulgatori del Capitale di Marx dopo aver incontrato lui ed Engels a Londra, e collaboratore del settimanale d'ispirazione bakuniniana "La Campana", dal sottotitolo "Risorgimento della plebe", di cui ci sarebbe un gran bisogno.

Vogliamo la libertà, cioè l'anarchia, e l'uguaglianza, cioè il comunismo, ebbe ad affermare Carlo Cafiero

E che sua sorella Luisa andò in sposa a Giuseppe Jatta, autore di un'ammirabile descrizione dei Cefalopodi del Golfo di Napoli.

Luisa Cafiero ritratta insieme a Giuseppe Jatta, a cui dette tre figli

Cefalopode partenopeo (o polipo napoletano) catalogato da Jatta

Ma queste, asserirà Lei, Signor ufficiale, son storie d'altri tempi.

martedì 7 aprile 2009

I panni degli altri

Guardando queste due fotografie su un giornale (il link varrà per poche ore, poi si vedranno cose diverse da quelle che ho visto io)





e leggendo la frase di Bob Dylan, "posso fare un dramma da un fruttivendolo", riportata sotto l'immagine del suo inventore, credo si capisca direttamente, illuminatamente e durevolmente che ci si avvicina all'arte indossando un cappello al posto di due coperte sulle spalle, o di un berretto da ortolano, o di una corona da Re, o di un gibboso elmetto da soldato, o di una Mitra da Papa o... perché i due avvinti terremotati sono di colpo compresi.

sabato 4 aprile 2009

Appunti di viaggio

Mentre la mia anima è ancora in viaggio - sui fluidi meccanismi che presiedono i transiti Jean Cocteau ebbe alcune coraggiose illuminazioni che trascrisse ne La difficoltà di essere - cerco di ricomporre quel che della mia anima giunge, mano a mano.



Dove sarà la mia anima, adesso?
Attraversano, le anime, le terre percorse dai corpi?
O viaggiano, esse, su rotte differenti?
E in quali orbite si trovano, tali rotte?
I frammenti della mia anima che giungono, mi troveranno?

Domande per un caso che avrà già ripartito le sorti.

Non ho appuntamenti, o non so leggere i segnali che me li indicano. Però qualcosa devo pur essere capace di fare, se ieri, guardando un ragazzo pattinare in mezzo a calle Alcalà, davanti alla fonte di Cibele, mi è parso di rientrare in possesso di facoltà a lungo dimenticate, come quella di attraversare il suolo sconesso verde smeraldo di un bar deserto, sorprendere una cameriera far capolino dalla cucina e vergognarsene, e richiamare alla mente il fumoso ricordo di ciò che un tempo chiamavo bonheur.

domenica 29 marzo 2009

La setta

Vengo invitato alla massima puntualità dalla segretaria che dà appuntamenti per telefono.

- Abbiamo detto martedì alle 15:15 - ribadisco dopo la sua descrizione dei posti vacanti nell'azienda dove lavora.
- No - precisa lei - alle 15:10.

Ne deduco che i candidati si succederanno al ritmo di uno ogni cinque minuti e mi presento alle 15:09 pronto a sintetizzare al massimo.
Fino alle 15:30 nessuno mi rivolge la parola, forse per darmi il tempo di sfogliare la deliziosa rivista aziendale, dove campeggia la scritta "Storia del successo di un uomo". Si racconta del mitico anno in cui il predestinato giovanotto dalla gavetta miracolosa era riuscito a vendere non so quanti abbonamenti e a conquistare la presidenza dell'azienda. Svetta un'immagine di lui, l'aria compressa in pancia, con accanto una bionda.
Si fa avanti una signorina, a cui mi presento, che mi precede nell'ufficio in fondo al corridoio.

- Tu cercavi un lavoro part-time o full-time?

Darsi del lei non va proprio più di moda.

- Part-time.
- Part-time ho solo dei posti nel call-center, non so se ti può interessare.
- Se devo dare informazioni e non vendere niente se ne può parlare.

Lei allora fa una pausa enfatica, scosta il curriculum che tiene in mano con la sola rotazione del polso, mi guarda e dice:

- Beh sai, tutti nella vita vendiamo qualcosa.
- Come sarebbe?
- Sì, anche quando non vendiamo un prodotto, dobbiamo saper vendere noi stessi.
- Non lo so.
- Se non sei in grado di fare questo - insiste - non sei in grado di fare questo lavoro.

Chiedo del full-time.
Per niente sorpresa cala una frase da iscrizione su pietra.

- Il full-time richiede una disponibilità totale.

Al che mi faccio serpente tra le rocce e dico:

- Sì, al telefono mi hanno detto che ci sono diversi posti vacanti.
- Guarda, chi lavora per me full-time deve darmi una disponibilità completa, sennò non regge né psichicamente né fisicamente.

Le sue guardate al mio curriculum si fanno più torbide e temo che quella sottile risma di fogli trasudi il più fetido degli umanesimi.

- E poi con questi studi che hai fatto - aggiunge gettando lo sguardo fuori dalla finestra - vorrai fare qualcosa di importante!
- Mah via, neanche avessi un master a Ginevra!

Avrei solo bisogno di un po' di soldi, e guardo anch'io i capannoni e il cielo bigio.

- Senti, facciamo una cosa.
- Cosa?
- Io ti restituisco il curriculum.
- L'ho stampato apposta per il colloquio, puoi tenerlo.
- No no, te lo restituisco, così stai più tranquillo.

Mi chiedo cosa avrebbe fatto del mio curriculum se non me lo avesse restituito.
La voce di quella donna contiene un'orribile misericordia, quella di chi concede una grazia tra mille condanne.

- E la tua scheda la cestiniamo.

Era l'ultima prova del mio passaggio per quel posto. Devo andarmene ma voglio conoscere la fine di quei disgraziati a cui la stessa voce ha detto cose diverse.

- Un'ultima domanda: di che lavoro si tratta?
- Guarda, non è che non te lo voglia dire - E le sue parole mi parano davanti una benevolenza posticcia - Ma chi lavora per me deve darmi una disponibilità completa.
- Capisco, una cosa così impegnativa forse non fa per me.

Sto per uscire a passo accelerato quando mi accorgo di un ragazzo seduto a gambe divaricate, le mani sulla grossa fibbia dorata che serra la cintura, ha l'aria di aver ingoiato un rospo.

venerdì 27 marzo 2009

Siccome oggi sono pervaso da un fervore imprudente e non avevo ancora festeggiato il solstizio di primavera, celebro entrambi con questi due quadri di David Hockney.

The winter scene is complete ...


... as is the spring scene (che in realtà è una scena d'estate)

Se si inverte l'ordine dei due quadri, l'effetto è molto diverso, e si capisce meglio il commento del pittore, che dipinse prima il secondo e poi il primo: The landscape I remembered was gone completely, and what remained looked like a scene from the first world war (Il paesaggio che ricordavo era scomparso, e quel che rimaneva somigliava a una scena della prima guerra mondiale).

Ascesa

Còmpiti disegno divino!


E che io possa vivere finalmente senza le fila gigantesche che mi impacciano!

mercoledì 25 marzo 2009

Alpha Centauri

- Riesci ad accedere a youtube? - domanda il corrispondente da Pechino al corispondente da Shanghai.
- Ho provato ancora due minuti fa, è bloccato - risponde il corrispondente da Shangai.
- Allora il governo ha oscurato youtube.

So che la genesi della notizia è stata più o meno questa, ma mi convinco ugualmente che la Cina ha oscurato youtube, e leggo divertito il commento del portavoce del loro Ministro degli Esteri: "Molte persone hanno la falsa impressione che il governo cinese tema Internet. In realtà, è tutto l'opposto".

Qualsiasi merciaiolo dell'antica Nanchino bofonchierebbe: Qǐ yǒu cǐ lǐ !

Baidu non basta per accorgersi del favore fatto dalla kosmische musik tedesca alla muta arte del cinema italiano degli anni '10, e viceversa.



I Tangerine dream, massimi esponenti della succitata kosmische musik tedesca, con le coriste ma senza la Montagna della Speranza, Papa, de Liguoro, Emilise, le anime che scorrono sulla lastra del negativo e, soprattutto, senza Lucifero.




Beatrice, Minosse, Francesca e Paolo, Pluto, gli avari, il lurido fiume dei lussuriosi, gli ipocriti, Bruto, Cassio e Dante l'avventuriero si muovono accompagnati dai Tengerine dream.

Il film L'inferno, ispirato alla Divina Commedia e alle illustrazioni di Gustavo Doré, mi è stato regaloto da uno di questi scacchisti, e costò in tutto ottomila lire. Quando i Tangerine dream vi aggiunsero la loro colonna sonora, coi soldi della produzione non si comprava più neanche il biglietto per lo spettacolo delle 18:30.

lunedì 23 marzo 2009

Immobili mobili

Quando Leonardo da Vinci disse "l'uomo volerà", non pensava che un giorno l'uomo, non per merito suo, ma per merito di un altro, abitasse in dei nidi.

lunedì 16 marzo 2009

Regreso

Sono tornato dal mare. Non ho attraversato l'oceano, e dunque non ho potuto scrivere nessuna Sinfonia del Nuovo Mondo, ma qui potete ascoltare quella di Dvořák.



E' stato però un soggiorno familiare e meditativo, per quanto possibile. Avrei potuto scrivere piuttosto una canzone simile a questa di Lucio Dalla.




Ma non ho fatto neanche questo. Ho però letto un'intervista a Giovanni Sartori che loda, usandolo per definirsi, il neologismo di Papini e Prezzolini "apoto" (colui che non beve). Mi sono chiesto se Sartori abbia capito che la via più breve al neologismo è il delirio dionisaco, la "mania" che possedeva i sapienti greci. E che credo non diverso dal possessore di Antonin Artaud quando nella commovente biografia di Van Gogh affermò, con lingua demoniaca:

van Gogh
van Gogh

mouen dabi
taouen arbi saled
mauven dibi
taunten libifa

Al di fuori di questo tutti gli uomini di questa umanità non sono che lurida tigna di rompicazzo.

Non mi azzardo a metterlo in corsivo perché è stato scritto in una lingua superiore a qualsiasi lingua umana, e allora tanto varrebbe convertire al corsivo (cioè al diverso dal carattere normale) tutto quanto ho scritto in italiano, più questa frase in spagnolo: he visto que unos españoles han entrado en la tumba de Djehuty, en Luxor, pues que salgan de inmediato!

giovedì 12 marzo 2009

Bombardiere e parrucchiere

Alla mia ubriacante nostalgia degli anni 30 questa crisi economica dà man forte. E intraprendo con illusione le sorprendenti occupazioni che si addicono a un disoccupato. Per esempio sedersi su di una panchina assolata, accanto ai platani colmi di palline, e leggere il giornale.



James Stewart riporta la calma tra alcuni correntisti impauriti dalla Big Depression del 1929.


Nell'aprica e prospettica Piazza Dalmazia leggo che il gallo fiorentino Rodrigo Bracco (8 vittorie e 1 sconfitta) combatterà domani sera contro il bulgaro Alexander Vladimorov (7 vittorie, 2 sconfitte e 1 pari), al Mandela Forum. Se fosse ancora permesso scommettere, fumare e molestare nei locali pubblici ci farei un salto. Bracco è anche parrucchiere, e i pugni con cui cercherà di stendere Vladimorov li avrà sferrati tante volte, tra il serio e il faceto, al fratello Aleandro, tra una forbice e l'altra della loro bottega di Porta al Prato.


Esempio di raffigurazione combinata: parrucchiere uomo-donna di sopra e ring di sotto.


Nel sottoclou della notte, non c'è agonismo senza vincitore, Rodrigo Bracco ha sconfitto ai punti, in 8 riprese, il gigantesco e scaltro bulgaro.

domenica 8 marzo 2009

Mimosa and olive branches

Ho appena letto questa notizia, ve la riporto a guisa di buon auspicio:

President Barack Obama is poised to offer an olive branch to Cuba in an effort to repair the US's tattered reputation in Latin America.
(Il Presidente Barack Obama vuole offrire a Cuba un ramo d'ulivo per migliorare la miserabile reputazione degli Stati Uniti in America Latina).

[Clicca per leggere l'articolo, che è in inglese]


Peace and prosperity

Il ramo di ulivo, ramo di mimosa dell'umanità, dono della Dea Atena alla città di Atene, in Grecia adornava le spose e incoronava gli atleti in trionfo alle Olimpiadi, ma in questo nostro secolo di perfezionisti è anche il nome di una ridente cittadina del Missisispi.

venerdì 6 marzo 2009

Fight the crisis!

La Banca d'Inghilterra sta coniando 75 bilioni di sterline (67 miliardi di €). L'obbiettivo è di innestare nei disillusi cittadini inglesi il sorriso fallace e soddisfatto di questa donna che si affaccia a un balcone da 1 milione di $ (in biglietti da 1$) da dove ha tutta l'aria di volersi concedere il primo amore di passaggio della sua vita!

Clicca sulla foto per vedere meglio sia le banconote che il lucidalabbra.

mercoledì 4 marzo 2009

Kippot

Oggi sono entrato in un ufficio pubblico. Il funzionario è rimasto seduto al suo posto mentre mi avvicinavo al suo scrittoio. Non lo dico per cogliere una mancanza di quell'impiegato (e meno adesso che il suo capo lo tratta da straccione!), bensì per spiegare perché egli tenesse la testa inclinata verso l'alto: per guardarmi negli occhi. Quella sua particolare posizione risaltava una plaga scura nella zona della nuca, come la rotondità della terra fa con la linea dell'orizzonte. Mi era toccato in sorte un funzionario canuto, longevo e savio, caratteristiche che, quando non evidenti, era facile intuire dal suo aspetto da vecchio gnomo. Per un'associazione mentale che rivela la mia essenza di uomo occidentale, scambiai quella zona di capigliatura per una kippah, la papalina degli ebrei (non è strano chiamarla così?). Era un abbaglio, e, quando l'impiegato si piegò, m'accorsi del malinteso: la giovanile baldanza di quell'uomo strappava al tempo e alla canizie una kipa di capelli corvini. Stavo uscendo quando il mio esprit des escaliers mi suggerì che una כיפה indossata a lungo avrebbe lasciato un alone del tutto simile, proprio come un quadro affezionato alla propria parete.



lunedì 2 marzo 2009

Le vacche sacre

Le vecchie vacche pascevano una avena deliziosa e la loro soddisfazione aumentava. L'eccitante idea della fortuna assumeva in loro una precisione grado a grado più sopraffina. Dispensate dalle angherie dei pastori e dei cani che vedevano insidiare le loro consimili, ciascuna contemplava pigramente il proprio manto color del legno, lasciando che il vento passasse nella candida peluria attorno alle loro grandi orecchie. Mentre sulla pelle delle presidiate dardeggiavano tremende bruciature che il vello non ricopriva, i loro robusti colli, dorsi e arti erano lisci e morbidi come appena usciti dal ventre materno. Approfittando della freschezza di un torrente per dissetarsi, circondate dal murmure dell'acque e da un ficcante odore di muschio, le vacche non badavano al chiasso dei campanacci che le presidiate portavano al collo, che le rivelava a metri di distanza escludendole dai giochi col nascondimento e la sorpresa alle spalle. Allo scoppio di quelle cagnare, le vacche fissavano con stordito divertimento la scena, per risprofondare nel sorseggio dell'acqua cristallina scambiandosi colpi di coda.

Beata era la loro condizione e quella dei vitelli generati coi più bei tori che avevano avuto l'ardire di avvicinarsi. Regnavano sui boschi, riscaldandosi al sole dei più solinghi praticelli e rinfrescandosi sotto le più fitte coltri di mirti e di lecci. Quando lasciavano gli effetti delle loro delibazioni a seccare al sole e a sciogliersi con la pioggia, le piante si nutrivano e gli insetti ci si sollazzavano. Guardandole incedere nei prati, da dove a piacere s'inoltravano nei frondosi boschi col placido ma vigoroso ticchio della razza bovina, si era certi che vita più lieta non poteva esser menata.

E' facile immaginarsi come le vacche sogguardassero sprezzanti le due figure che un giorno si stagliarono sulla polvere della strada chiara. Le due leste e oblunghe ombre si muovevano con un'intuibile comunione di scopi. I bovini tennero lo ieratico contegno che i fortuti incontri coi pastori gli avevano sempre suggerito, ma la loro solenne nuncuranza non potè quel giorno manifestarsi con la consueta sicurezza, poiché i due forestieri dimostravano un inconsueto ardimento, come se l'ordine che le aveva volute padrone di quel prato fosse stato sostituito. Si appressarono fino a dove neppure il più longevo tra i tori poteva raccontare d'aver mai visto un pastore, e dai loro archibugi, tesi come bompressi, uscirono una fiamma e un rumore spaventosi. L'indifferenza che le vacche seppero dimostrare a quella che i costernati animali consideravano una messa in scena di cattivo gusto scatenò un selvaggio mugghio d'invocazione. Si bramava il passaggio a un mondo in cui le mosche non costringono a vorticare la coda senza posa e l'avena piove dal cielo come una manna.

domenica 1 marzo 2009

Gabriele D'Annunzio e i cani della Capponcina

Gabriele D'annunzio e i suoi 39 cani della Capponcina.

Il vate vi si stabilì per avvicinarsi alla Duse, io e Tiziano per guardare Iside da una altana.

mercoledì 18 febbraio 2009

Conchita Cintrón

Sitibondo il terreno, equorei gli occhi e discolo il cappello. E' morta la dea bionda delle corride.

Conchita Cintrón, scesa da cavallo, saluta il palco dopo aver ben pungolato tre tori.

lunedì 16 febbraio 2009

Ignoro se a causa del brutto esempio degli alti dirigenti o del disordine dei giornali, ma anche la persona più contrita e controllata si sguaia e si smaniera, in Italia, come affronta i temi di attualità.

venerdì 13 febbraio 2009

Un contemporaneo, un antico e un classico

"Sa che la mia promiscuità è pressocché totale, e che potrei trasformare un patibolo in un salotto, se mi gira e mi tira per il verso giusto."

"Fata viam invenient" (I fati indicheranno la via)

"Individui che davano l'impressione di esser stati dipinti con l'aerografo, così etiolata e vaporizzata mi pareva la loro personalità ufficiale."

giovedì 12 febbraio 2009

Brevi da un ufficio

Certe battute improvvise cavano dalla bocca della segretaria una risata grottesca e ventosa, che compie usando la voce della donna che sarebbe stata due secoli fa.

mercoledì 11 febbraio 2009

The seekers of gold


Piangono le vecchiette in Zimbaue, perché le verzure non si comprano più che con l'oro. Chi ha una nipote la manda al fiume a drenare zolle di greto e fare tre centigrammi d'oro. Ridono e ballano gli escherichia coli in Spagna, perché con tre centigrammi d'oro una lanterna illumina finalmente anche le case dei batteri.

martedì 10 febbraio 2009

Ieri sera mi sono recato a un presidio in difesa della Costituzione italiana, da scriversi con maiuscola perché diversa dalla complessione dell'italiano medio, e mi sono ritrovato a comprare un testo di introduzione allo spiritismo.

Out of season

Un pugno di cappotti e di bandiere accanto a una bancarella che vende il libro del comando, con la formula per arrestare un cavallo al galoppo, il colore dei dirimpettai che muta come i riflessi silicei di un'agata, la grigia violacità delle nuvole a est del monte, una musica di Beth Gibbons che sembra provenire dal sottobosco in cui i cortigiani francesi delle fulvide epoche dei Re sorbiscono l'esclusivo distillato fatto di muschio, mirtilli e amanite muscarie.

domenica 1 febbraio 2009

Battezzo questo blog come splenico spleen. Attento al continuo divenire di me, come dovrebbe essere chiunque brama un'uscita da da sé stesso, lo battezzo con un'associazione di stamane. Nella frase di Charles Baudelaire, letta in A ciascuno la propria chimera: "sotto la cupola splenetica del cielo, coi piedi nella polvere di una terra desolata come quel cielo, quegli uomini camminavano, ed avevano la fisionomia rassegnata di chi è condannato a sperare sempre", lo stato di profonda malinconia che di solito si attribuisce al poeta, o all'aura che circonda il poeta, è appunto riferita al cielo. Al cielo duole la milza? Il "glauco campo del cielo", come lo chiama D'Annunzio, è oggi bigio e piovoso.