lunedì 2 marzo 2009

Le vacche sacre

Le vecchie vacche pascevano una avena deliziosa e la loro soddisfazione aumentava. L'eccitante idea della fortuna assumeva in loro una precisione grado a grado più sopraffina. Dispensate dalle angherie dei pastori e dei cani che vedevano insidiare le loro consimili, ciascuna contemplava pigramente il proprio manto color del legno, lasciando che il vento passasse nella candida peluria attorno alle loro grandi orecchie. Mentre sulla pelle delle presidiate dardeggiavano tremende bruciature che il vello non ricopriva, i loro robusti colli, dorsi e arti erano lisci e morbidi come appena usciti dal ventre materno. Approfittando della freschezza di un torrente per dissetarsi, circondate dal murmure dell'acque e da un ficcante odore di muschio, le vacche non badavano al chiasso dei campanacci che le presidiate portavano al collo, che le rivelava a metri di distanza escludendole dai giochi col nascondimento e la sorpresa alle spalle. Allo scoppio di quelle cagnare, le vacche fissavano con stordito divertimento la scena, per risprofondare nel sorseggio dell'acqua cristallina scambiandosi colpi di coda.

Beata era la loro condizione e quella dei vitelli generati coi più bei tori che avevano avuto l'ardire di avvicinarsi. Regnavano sui boschi, riscaldandosi al sole dei più solinghi praticelli e rinfrescandosi sotto le più fitte coltri di mirti e di lecci. Quando lasciavano gli effetti delle loro delibazioni a seccare al sole e a sciogliersi con la pioggia, le piante si nutrivano e gli insetti ci si sollazzavano. Guardandole incedere nei prati, da dove a piacere s'inoltravano nei frondosi boschi col placido ma vigoroso ticchio della razza bovina, si era certi che vita più lieta non poteva esser menata.

E' facile immaginarsi come le vacche sogguardassero sprezzanti le due figure che un giorno si stagliarono sulla polvere della strada chiara. Le due leste e oblunghe ombre si muovevano con un'intuibile comunione di scopi. I bovini tennero lo ieratico contegno che i fortuti incontri coi pastori gli avevano sempre suggerito, ma la loro solenne nuncuranza non potè quel giorno manifestarsi con la consueta sicurezza, poiché i due forestieri dimostravano un inconsueto ardimento, come se l'ordine che le aveva volute padrone di quel prato fosse stato sostituito. Si appressarono fino a dove neppure il più longevo tra i tori poteva raccontare d'aver mai visto un pastore, e dai loro archibugi, tesi come bompressi, uscirono una fiamma e un rumore spaventosi. L'indifferenza che le vacche seppero dimostrare a quella che i costernati animali consideravano una messa in scena di cattivo gusto scatenò un selvaggio mugghio d'invocazione. Si bramava il passaggio a un mondo in cui le mosche non costringono a vorticare la coda senza posa e l'avena piove dal cielo come una manna.

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